Baby news | 28 marzo 2022, 17:06

Posso curarmi in gravidanza? Quando e come farlo.

Non curarsi potrebbe mettere a rischio la salute di mamma e bambino. Ma anche farlo in modo errato potrebbe avere delle conseguenze. Una dolce attesa richiede qualche attenzione in più nei confronti dei farmaci da assumere

Posso curarmi in gravidanza? Quando e come farlo.

Prima di introdurre il discorso è bene fare una premessa: i farmaci sono responsabili solo del 2-3% di tutte le malformazioni congenite, per la maggior parte legate a fattori genetici, ambientali o sconosciuti. Allo stesso tempo, però, è realistico affermare che alcune medicine potrebbero avere conseguenze sul feto, in base al dosaggio e al periodo di assunzione. Non a caso, il foglio illustrativo di quasi tutti i farmaci in commercio segnala cautela nell’uso durante la gravidanza.

Prima del concepimento

Fin dal momento in cui si decide di cercare un bimbo, sarebbe opportuno consultare un medico, soprattutto se si ha la necessità di sottoporsi a una terapia prolungata. La maggior parte dei farmaci viene eliminata nell’arco di 48-72 ore, ma ci sono anche medicine che rimangono in circolo più a lungo, per esempio i retinoidi per la cura dell’acne.

Certamente esistono casi in cui una mamma non può sospendere i farmaci: pensiamo a donne ipertese, diabetiche, affette da malattie metaboliche o da epilessia. L’esperto potrebbe però sostituire la terapia con molecole più adatte e più sicure per la salute di mamma e bambino.

Salvo questi casi eccezionali, sarebbe meglio sospendere l’assunzione di farmaci alcuni mesi prima dei tentativi di concepimento.

E durante la gravidanza?

Il periodo più delicato è quello dei primi tre mesi, in cui si formano gli organi principali. In particolare, i medicinali assunti entro il ventesimo giorno dal concepimento potrebbero produrre l’effetto del ‘o tutto o nulla’ (cioè aborto o nessuna influenza); tra la terza e l’ottava settimana, effetti teratogeni sul feto (gravi malformazioni fisiche: ne sono causa gli antineoplastici contro i tumori e gli ormoni corticosurrenalici); dopo l’ottava settimana, alterazioni degli organi o dei tessuti fetali (ad esempio, alcuni antibiotici influiscono sulla crescita dei dentini).

Qualora una donna avesse assunto antibiotici dopo il concepimento ma prima della conferma della gravidanza, è consigliabile rivolgersi al ginecologo o a centri ospedalieri specializzati in modo che possano valutare la tipologia di antibiotico ed eventualmente intervenire.

In generale, sarebbe meglio evitare l’uso dei farmaci durante la gravidanza e, in ogni caso, non assumerne mai senza aver prima consultato il medico, visto che per nessun farmaco si può escludere totalmente un potenziale effetto sull’embrione, inclusi quelli più comuni (analgesici, lassativi, antinfluenzali, antiacidi e psicofarmaci).

Quel che è certo è che una mamma non può non curarsi: l’importante è farsi consigliare da un esperto.

Al naturale

In caso di patologie minori, si può pensare anche ai benefici intrinseci presenti in alcuni doni della natura. Ad esempio, rimedi a base di aglio e pompelmo, grazie alle loro proprietà antibiotiche, possono essere usati in gravidanza per la prevenzione e il trattamento di infezioni delle vie respiratorie e del cavo orofaringeo. Sempre dopo aver consultato il medico.

Per la tranquillità di tutte le mamme, esiste un sito dedicato proprio ai farmaci assumibili o meno in gravidanza. Si può fare la ricerca per principio attivo oppure in base alla patologia, ed essere sempre aggiornate su tutte le novità che ruotano attorno a questa tematica.

www.farmaciegravidanza.gov.it

VACCINARSI IN GRAVIDANZA

È un errore pensare che una mamma in dolce attesa non possa vaccinarsi. Anzi: la vaccinazione ottiene il duplice effetto di proteggere sia la madre sia il bambino. Vi sono infatti alcune malattie le cui conseguenze sarebbero ancora più gravi di eventuali effetti collaterali. Pensiamo alla rosolia, al morbillo, alla varicella, alla pertosse.

Se la vaccinazione è eseguita nel terzo trimestre, il neonato è protetto anche per un periodo più o meno lungo dopo il parto. Nel Regno Unito, ad esempio, si lavora proprio per promuovere la vaccinazione tra le future mamme contro la pertosse. Infatti, il vaccino antipertosse effettuato negli ultimi tre mesi di gravidanza protegge anche il nascituro nei suoi primi mesi dopo la nascita. Considerando che il vaccino contro la pertosse adatto ai lattanti è efficace non prima dei tre mesi di vita, questa scelta andrebbe a coprire una ‘finestra’ in cui, negli ultimi anni, si sta assistendo a un incremento della mortalità infantile.

 

Per capire se la mamma è immune o meno rispetto a queste malattie (e, quindi, se necessita della vaccinazione), è sufficiente un esame del sangue che va a ricercare se siano presenti e in che dose gli anticorpi contro quella patologia

L.M.

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