Mondo mamma | 12 dicembre 2023, 00:00

Test ed esami in gravidanza

La notizia di una gravidanza è un momento di grande gioia, un’emozione che continuerà anche per i 9 mesi successivi. È però bene seguire il consiglio degli esperti e sottoporsi ad alcuni test di routine

Test ed esami in gravidanza

9 mesi, 40 settimane. È la durata media di una gravidanza. Un periodo in cui dovrebbero essere programmati alcuni test ed esami che servono ai medici, e ai futuri genitori, per verificare che la gestazione proceda con regolarità e, eventualmente, per rilevare delle criticità, nei tempi più opportuni dal punto di vista medico.

La prima visita ostetrico-ginecologica viene di solito consigliata entro la 10a settimana di gravidanza, secondo le indicazioni del Ministero della Salute, in modo da poter pianificare con tranquillità tutti gli accertamenti successivi consigliati per una dolce attesa. Principalmente, stiamo parlando di esami di routine, quali:

 

  • 3 ecografie ostetriche, rispettivamente a 6-8 settimane, a 20 settimane e a 30 settimane;
  • 1 ecografia con translucenza nucale, suggerita tra l’11a e la 14a settimana;
  • 1 ecografia morfologica, intorno alla 20a settimana;
  • analisi del sangue, tra cui emocromo completo e analisi della funzionalità epatica e renale;
  • test di Coombs indiretto, per individuare eventuali anticorpi anti-Rh che circolano nel sangue, diretti contro i globuli rossi;
  • test per la ricerca degli anticorpi anti rosolia (Rubeo test);
  • test per la ricerca di anticorpi anti toxoplasma (Toxo test);
  • test per il virus dell’HIV;
  • esame completo delle urine;
  • test per le malattie a trasmissione sessuale (sifilide, clamidia, gonorrea);
  • test per i virus delle epatiti C e B;
  • PAP test;
  • test base per le anomalie cromosomiche (come il Tri test);
  • misurazione del glucosio e curva da carico glicemico.

A seconda del periodo, la donna in gravidanza viene invitata a esami specifici. Normalmente, l’ASL regionale consegna alle donne un’agenda della gravidanza in cui sono indicati, mese dopo mese, i controlli da eseguire e viene spiegato come prenotarli.

Se siamo in presenza di una gravidanza fisiologica, gli esami sopra indicati possono bastare per far stare tutti tranquilli.

In alcuni casi, però, può essere utile integrare con altri controlli, per lo più esami strumentali che permettono di valutare le condizioni del feto e di individuare eventuali anomalie cromosomiche o altre malformazioni gravi. Si tratta della villocentesi o dell’amniocentesi, controlli che rientrano nella categoria della diagnostica prenatale e a cui ci si può sottoporre gratuitamente solo a seguito di specifica prescrizione medica. Ad esempio, quando si è di fronte al cosiddetto rischio procreativo prevedibile a priori, cioè quando è possibile che si presenti il rischio di generare un bambino o una bambina con anomalie, questo per ragioni genetiche, per età avanzata della madre o per altre cause biologiche. Le indagini genetiche diventano, in questi casi, davvero importanti.

La villocentesi si esegue normalmente tra l’11a e la 13a settimana, mentre l’amniocentesi tra la 15a e la 20a settimana. Essendo esami particolarmente invasivi, e anche con alcuni rischi (come le infezioni a carico del liquido amniotico per l’amniocentesi, nel momento in cui viene inserito l’ago per il prelievo del liquido), molte donne preferiscono gli screening cromosomici, sebbene offrano risultati meno certi poiché si basano su calcoli della probabilità che il feto possa sviluppare anomalie.

Di certo, uno dei test prenatali oggi più popolari è quello del DNA fetale, non invasivo e senza rischi: consiste nel prelievo di un campione ematico della mamma, da cui viene isolato il DNA fetale presente nel circolo materno, che viene poi sequenziato al fine di determinare la presenza di eventuali anomalie dei cromosomi. Questo test è sì uno screening, ma garantisce il 99% di accuratezza nel rilevare le informazioni. Il consiglio è di eseguirlo nella 10a settimana di gravidanza, in modo che, in presenza di dubbi, si possa completare l’indagine con esami come la villocentesi o l’amniocentesi.

In Italia il test del DNA fetale non è mutuabile e quindi è interamente a carico della famiglia. Di solito viene consigliato in questi casi: in presenza di gravidanze singole nelle quali è sconsigliabile la diagnosi prenatale invasiva (per elevato rischio di aborto spontaneo o gravidanze derivanti da fecondazione assistita); se l’età materna è inferiore ai 35 anni; in presenza di positività ai test di screening del primo trimestre; per donne ad alto rischio o che richiedono un’attendibilità maggiore rispetto al test di screening del primo trimestre.

L.S.